“Non saranno i più forti né i più intelligenti a sopravvivere, ma coloro che meglio sapranno adattarsi ai cambiamenti.” (Leon C. Megginson)
Mai come oggi possiamo dirci “superstiti” e “testimoni attivi” di una trasformazione epocale che non ha precedenti nella storia dell’umanità.
Il cambiamento di paradigma – così radicale e improvviso – delle nostre abitudini di vita, delle nostre dinamiche lavorative e relazionali, dei nostri modelli di pensiero, impostoci in quest’ultimo anno di emergenza Covid-19 è materia per la sceneggiatura di un film di fantascienza.
Mai un “salto di epoca” era avvenuto un modo così repentino e brutale in passato. Mai ci eravamo dovuti misurare, pur nell’incertezza del futuro che l’esistenza terrena di per sé implica, con un’onda d’urto di tale portata e intensità.
Oggi sappiamo che se siamo stati capaci di giocarci “la partita della vita” (è proprio il caso di dirlo) senza soccombere, lo dobbiamo alla disponibilità di tecnologie dirompenti e all’adozione di dispositivi sempre più rivoluzionari e all’avanguardia, tra cui l’ intelligenza artificiale, in grado di fornirci le contromisure adeguate ad affrontare le molteplici sfide di una realtà sempre più complessa e iper-connessa, e consentirci di cogliere, ove possibile, le nuove opportunità che questa ci offre.
Il domani, che è già oggi, richiederà una spinta sempre più forte verso la semplificazione e l’ottimizzazione. E aprirà la strada a una crescente collaborazione tra i popoli, tramite l’esercizio di una sempre maggiore empatia verso il prossimo, inteso in senso lato, ovvero come “bene comune”. Perché il prossimo in fin dei conti siamo noi, e questo la pandemia ce l’ha insegnato. Noi siamo il prossimo per gli altri, così come gli altri lo sono per noi, e lo spazio che abitiamo è ormai così intimamente interconnesso da non consentirci più di ragionare e agire secondo logiche opportunistiche.
Bene comune significa innanzitutto “casa comune”. La salute del pianeta è divenuta finalmente una priorità nella coscienza dei più. Le nuove generazioni – certamente smarrite nella ricerca di un baricentro esistenziale come lo siamo stati noi, del resto, a suo tempo – possiedono in realtà una messa a fuoco nitidissima sull’importanza di salvaguardare l’ecosistema terra, per il bene collettivo, e quindi anche per il proprio.
Si sta rapidamente migrando da un’epoca di globalizzazione prettamente economica ad una più “nobile” di globalizzazione culturale, che ci vede più solidali e attivi, spesso in prima persona, su temi di interesse collettivo e su cause importanti. Quelle che insieme siamo chiamati a perseguire, e che tutti insieme dobbiamo vincere.
Se è vero il detto che “non tutti i mali vengono per nuocere”, l’anno che abbiamo appena vissuto forse ne è, auguriamocelo, il manifesto più lampante.